yoga non duale advaita
Teatro Non Duale
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teatro
SEMINARIO PROSSIMAMENTE

Yoga vedanta tradizione non dualità


"La trasmissione non è intenzionale ma avviene spontaneamente
quando l'apertura incontra l'apertura." Eric Baret
teatro non dualità adavita shivaismo

Nessuna fantasia di miglioramento e di evoluzione.
La gioia di scoprirsi ed emozionarsi.

mistero emozione maschera

Insieme.

SEMINARIO di TEATRO NON DUALE
PROSSIMAMENTE

Non è necessario avere esperienza teatrale,
è sufficiente una risonanza con la non dualità.

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Se sei interessato a partecipare o a organizzare un seminario di teatro non duale, scrivici. Come partecipante, gli unici requisiti sono una curiosità verso il teatro, la disponibilità a mettersi in gioco, una profonda ed equilibrata urgenza di ricerca interiore. A Milano, i seminari di teatro non duale sono stati organizzati dall'Aipy (Associazione Italiana Pedagogia Yoga - www.aipy.it) ma siamo aperti ad altre realtà. Come organizzatore, si richiede una sala spaziosa almeno 5m x 8m, il numero di partecipanti può variare.

Le lezioni di 3 ore l'una, attraverso tecniche ed esercizi dell'arte teatrale, mettono l'enfasi sull'ascolto, sul rendersi conto di quello che ci attraversa, istante dopo istante. Il lavoro con le maschere evidenzia come anche la nostra personalità sia una maschera. Dietro le maschere in scena c'è un attore che nelle arti tradizionali sparisce. Chi agisce dietro la maschera di tutti i giorni? "Sotto la maschera, il vuoto." Seferis

La maschera vede una porzione della realtà, filtrata dai suoi sensi e dal suo immaginario (lo storico di desideri, paure, condizionamenti). Come rendersi conto della frazione e vivere la globalità del nostro essere? Un bravo attore non si incolla al personaggio che fa, gioca a identificarsi, e nell'intensità della scena rimane consapevole delle maree emotive che lo attraversano senza lasciarsi portare via. Così, nella vita di tutti i giorni, si può vivere uno spazio di ascolto nonostante le tempeste che sentiamo, in modo da poter dispiegare a fondo ogni emozione lasciandola vivere integralmente, per lasciarla morire nel silenzio, senza essere portati via ritrovandosi come un attore alla fine di una scena, sudato, accaldato, vibrante ma senza residui e psicologicamente libero. La quiete prima, dopo e durante la tempesta.

Uno dei mezzi per vivere direttamente questo è lo studio della maschera neutra secondo la via di Jacques Lecoq, genio della pedagogia teatrale.
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Indossando l'autentica maschera neutra creata e scolpita da Amleto e Donato Sartori, a teatro si scopre quello stato di calma che precede l’azione, uno stato di ricettività verso ciò che ci circonda, senza conflitti interiori in una condizione di apertura e disponibilità. Dopo questo percorso, il corpo sarà una pagina bianca su cui far apparire tutti i colori della Commedia e della Tragedia, cioè la vita in tutte le sue sfumature. Nel teatro non duale quella maschera è una trasposizione concreta di ciò che siamo nel profondo, l'apertura, il sè impersonale su cui tutte le nostre maschere appaiono, padre, figlia, amante, soldato, manager, operaio, danzatore. Mentre le maschere vedono il mondo da un punto di vista frazionale, il Neutro vede la situazione globale e consente una libera espressione delle emozioni nella integralità del corpo. Lo sguardo neutro è vergine, scopre le cose per la prima volta e vede i meccanismi del condizionamento e della memoria che scattano dentro di noi. "La poesia è uno sguardo vergine sul mondo" Edoardo Sanguineti



Il Risveglio della maschera neutra

Ti lasciamo con le parole di Jean Klein, maestro della non dualità, su come donarsi alla paura, emozione fondamentale. L'approccio operativo è uguale per ogni emozione.

"Prima di tutto osservi che ciò che lei chiama "paura" non è paura. La paura è una sensazione del suo corpo e della sua mente, una sensazione che lei si vieta di sentire nel momento in cui la etichetta come "paura". Per arrivare alla sensazione, deve liberarsi del concetto, dell'idea di paura, e allora la percezione avrà modo di rivelarsi a lei. La pura sensazione della paura è soltanto tensione. La tensione sorge nel momento in cui lei guarda ad una situazione dal punto di vista di un'immagine, di un uomo o di una donna, di una madre o di un padre, di un marito o di una moglie di qualcuno, e la tensione stimola una serie di mutamenti chimici, fisici e psichici nel corpo e nella mente.

Ora questa tensione non potrà mai essere eliminata attraverso l'analisi, attraverso qualsiasi processo di tipo razionale, perché colui che intraprende un'analisi è della stessa natura di ciò che è analizzato. Lei deve vivere con la sua paura, persino amarla. Con questo intendo che lei non deve offrire resistenza ai movimenti della paura. Vada insieme alla sua paura come se volesse muovere insieme a un treno che è appena partito e sul quale desidera ardentemente salire. Appena muove, tutte le sue energie muovono con lui. Non c'è opposizione.

Perciò muova con la paura, non contro di essa. Scappando lontano da essa, razionalizzandola e analizzandola, lei versa soltanto benzina sul fuoco. Per quanto possono essere interessanti le sue idee, per quanto filosofiche le spiegazioni, esse non riusciranno a rimuovere la tensione attuale della paura. La faranno semplicemente rifluire verso un'altra localizzazione. La paura riguarda la persona, e la persona è soltanto una frazione di ciò che lei è. Perciò la frazione guarda la situazione da una prospettiva parziale. E poiché una frazione non è mai armonica, ogni azione che emerge da un punto di vista parziale è inevitabilmente disarmonica.

Dunque non ci deve essere opposizione. Accogliendo la sensazione non ci sarà più posto per l'immagine di qualcuno che reagisce. Muovendo insieme alla paura lei si troverà fuori di essa, distaccata, impersonale. Possiamo dire che nel momento dell'accettazione non si versa più benzina sul fuoco ed esso naturalmente si estingue. La percezione si dissolve nel Sé, nell'apertura, e lei si desta in quest'apertura: in essa non vi è alcun timore." Jean Klein

NOTA. Il teatro in generale e il teatro non duale in particolare, vanno a toccare corde molto profonde e personali, quindi consigliamo di non aprirsi a insegnanti che non hanno esperienza e competenza alle spalle. Un insegnante qualificato pur stimolando una messa in gioco di alcuni riferimenti personali, non forzerà mai un praticante con violenza e insistenza in direzioni particolarmente sensibili. Invitiamo i praticanti a restare sempre in allerta verso ciò che sentono. Ci sono degli indicatori concreti che danno un riscontro per sentire se sia l'orientamento adatto a noi. Il primo è la gioia cioè provare piacere di svelarsi, conoscersi, vivere le emozioni in modo integrale e mettere in discussione i propri schemi. Secondo, la libertà. Non viene infatti incoraggiata alcuna dipendenza di tipo psicologico ma anzi una sorta di autonomia. Terzo, il presentimento che quanto viene esposto o praticato faccia entrare in risonanza qualcosa di antico e profondo che risiede in noi da lungo tempo.


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