Dai
culti di
Dioniso alle vallate del Kashmir, seguendo i maestri della non dualità,
un'arte che celebra l'apertura al
sentire del momento presente, puntando al mistero dietro le maschere. "Il teatro è
l'arte
del presente." Ariane Mnouchkine
“La nostra vera natura, non è uno « stato », propriamente detto, ma è
la sostanza, il supporto stesso di ogni stato, nel quale nulla si
anticipa né si proietta, in cui non esiste nessuna tensione verso uno
scopo o un risultato. Essendo tutto presenza silenziosa, non è né
interiore né esteriore, non localizzato fisicamente o psichicamente,
fuori dallo spazio e dal tempo: è Essere.” Jean Klein
Il teatro non duale è una
pratica concreta per vedere gli antagonismi e la dualità
delll’io/maschera, tale visione è la non dualità, è Essere.
Anche se alcuni riti sono evocativi, non c’è bisogno di fare qualcosa per Essere.
Anche se alcuni luoghi sono energetici, non c’è bisogno di andare da qualche parte per Essere.
Anche se alcuni cibi sono più “sattvici” di altri, non c’è bisogno di un regime alimentare (o digiunare) per Essere.
Anche su durante l'ora di meditazione si trova la calma, non c'è bisogno di una data ora per Essere.
Anche se il futuro è ricco di speranze e aspettative, non c’è bisogno di progettare per Essere.
Anche se alcune letture sono consigliate, non c’è bisogno di libri per Essere.
Anche se per l’io alcune emozioni sono più piacevoli di altre, non c’è bisogno di sorridere per forza per Essere.
Anche se il miglioramento personale ci stimola, non c’è bisogno di evolvere per Essere.
Anche se alcune facoltà sono prodigiose, non c’è bisogno di acquisire qualità particolari per Essere.
Anche se alcune personalità ci affascinano, non c’è bisogno di maestri per Essere.
Anche se la vittoria ci esalta più della sconfitta, non c’è bisogno di vincere qualcosa per Essere.
Anche se le esperienze iniziatiche ci incantano, non c’è bisogno di alcuna esperienza per Essere.
L’Essere non ha bisogno di nulla per essere, è la luce che illumina tutto.
E non c’è bisogno di rifiutare tutte le cose descritte sopra per Essere.
Quando realizziamo che in
esse non c’è ciò che cerchiamo e che le facciamo solo in riferimento al
nostro io, alla sua agitazione, solo per ottenere qualcosa, quando ci
rendiamo conto di tutte le storie che ci raccontiamo per essere, che
non c’è bisogno di diventare nulla per Essere, siamo. O meglio,
l’Essere è, perché non siamo più noi a vedere tutto questo ma siamo
visti da Quello.
E allora tutto quello che
appare sull’Essere, il corpo, i riti, i libri, i luoghi, i progetti, le
pratiche, i regimi alimentari non sono più mezzi per essere, perché
tutto è illuminato dall’Essere. Questo non impedisce anche di leggere,
digiunare, meditare, viaggiare, praticare ma l’azione non è più
motivata dai risultati personali che ci immaginiamo possa portare, non
nasce più da una mancanza, ma dalla gioia che sentiamo mentre si
compie, spontanea e funzionale, nella totale gratuità.
Sotto ogni storia delle nostre maschere, l’Essere è.
(La condivisione di questo scritto è libera, purché non se ne faccia
un uso commerciale e venga riportata la fonte: teatrononduale.it)
Per teatro non
duale si intende il teatro visto
come arte tradizionale,
cioè come un orientamento che svela l'universalità dietro le diverse
individualità, la realtà perenne dietro il tempo e le storie personali.
Questa realtà è indefinibile perché è al di là di tutte le parole e
vive nel silenzio ma non vi è contrapposizione con la vita di tutti
giorni, bensì integrazione, non dualità. Non si tratta di filosofia ma
di un vissuto concreto. L’Arte in generale e il teatro in particolare
spingono a
vivere in modo diretto l’intuizione profonda di ciò che si è oltre il
corpo,
l’emozione, la memoria e il pensiero.
Nella vita di tutti i giorni, ci
si identifica totalmente con la propria "storia",
vedendo il mondo da un punto di vista personale e frazionale, causando
separazione, conflitto, rigidità e frustrazione, come un personaggio in
una commedia. In teatro però, un attore ben orientato gioca a identificarsi alle
emozioni, cioè vive intensamente le situazioni e i conflitti in
maniera lucida e consapevole, in un equilibrio dinamico tra spontaneità
e destrezza espressiva. Questo gli consente di sentire tutte le emozioni che lo
spettacolo richiede senza patire personalmente per alcuna di esse,
cioè senza che alla fine delle rappresentazione rimangano dentro di lui
disequilibri emotivi e residui psicologici. L'attore non duale
ascolta nell'apertura istante per istante, ciò che arriva dal compagno
in scena, ciò che sorge dentro di lui e ciò che arriva dal pubblico, e
gioca con queste dinamiche per scatenare sulla scena uragani emotivi o
sfumature
delicate, accogliendo globalmente il sentire e lasciandolo andare, in
modo spontaneo.
La scoperta
del
funzionamento dell’attore in relazione al personaggio svela per
analogia quello che accade nella vita di tutti i giorni dove
l’identità individuale è la nostra maschera personale.
La vita di tutti i giorni non è la vita scenica ma anche se Amleto non
è Mario Rossi, il
funzionamento di un personaggio con desideri, conflitti e paure è
analogo a quello che viviamo nella vita quotidiana, cioè l'immaginario di essere qualcuno.
Se dietro le maschere sulla scena c'è l'attore, dietro la maschera
personale dell'attore, nella vita di tutti i giorni, chi o cosa c'é? "Sotto la
maschera, il vuoto." Giorgos Seferis
Si possono
vivere le emozioni a fondo, lasciandolo vivere e
lasciandole andare senza residui, come un attore alla fine di uno
spettacolo? Si possono ascoltare anche le emozioni "negative" senza
censurarle o bloccarle dentro di noi? Si può non avere paura di avere
paura?
A queste e altre domande ancora più ardite
risponde il teatro non duale.
NOTA. Il
teatro non duale non è una cura, non è una terapia, non è un'assistenza
psicologica. E' l'ascolto senza aspettative, l'arte di sentire la
quiete anche nella tempesta delle emozioni, lasciandole vivere
globalmente e svanire nel silenzio. Ogni approccio a questa arte con un
fine utilitaristico di miglioramento/evoluzione/purificazione
intenzionale della maschera personale, è una inutile perdita di tempo.
Il fine, se c'è un fine, non è la trasformazione dell'ego (antica
illusione che nutre sé stessa), ma la visione dei meccanismi di
condizionamento e reazione dell'ego nella vita di tutti i giorni. Tale
visione non appartiene a qualcuno, è un essere-visti impersonale, è la
Non Dualità. Ci si incontra dal presentimento di questa ultima verità
riconoscendo, dietro tutte le maschere conflittuali, l'universale
Accoglienza, gioia senza causa.
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